Sostenibilità ambientale
RESILIENZA AMBIENTALE
3RC: centro di ricerca dedicato alle strategie di adattamento e resilienza dei sistemi territoriali per affrontare i rischi che possono verificarsi nell’ambiente naturale e antropico
21.09.2018
Testo dell’articolo
1 – è il primo centro di ricerca italiano specializzato nella promozione di strategie di adattamento resilienti, in risposta ai rischi naturali e antropici, per la messa in sicurezza del patrimonio territoriale e dei beni culturali;
2 – si propone di studiare le vulnerabilità ambientali e socio-economiche dei territori e di offrire modelli e soluzioni resilienti al fine di supportare istituzioni e comunità locali nell’affrontare compiutamente le sfide poste dalla transizione globale in atto;
3 – sperimenta una metodologia interdisciplinare di ricerca per la progettazione di sistemi territoriali ed edilizi resilienti, con l’obiettivo di dare attuazione operativa al Goal 11 Città e Comunità Sostenibili e al Goal 13 Agire per il Clima dellʼAgenda 2030 delle Nazioni Unite al fine di accompagnare le istituzioni verso nuovi modelli di governance territoriale;
4 – supporta le istituzioni nella sfida della resilienza nei processi di adattamento al cambiamento climatico rafforzando la capacità dei territori e dei sistemi edilizi di rispondere ai crescenti rischi naturali e antropici, di adattarsi al cambiamento e di innovarsi.
Con un approccio evolutivo e multidisciplinare, partendo dalle vulnerabilità ambientali e socio-economiche dei sistemi territoriali, si studieranno modelli e soluzioni resilienti a supporto delle istituzioni e delle comunità locali per affrontare adeguatamente le sfide poste dalla transizione globale in corso. Il metodo di lavoro di R3C prevede il rafforzamento, la raccolta e l’integrazione delle competenze scientifiche altamente qualificate e delle attrezzature tecnologiche disponibili all’interno del Politecnico di Torino per meglio conservare la conoscenza completa dei rischi e delle vulnerabilità dei diversi sistemi interconnessi del territorio.
Per garantire questa sinergia di conoscenze e competenze, il Centro nasce nell’ambito dell’iniziativa di Ateneo dei Centri Interdipartimentali, con la partecipazione ai lavori di docenti e ricercatori provenienti da Dipartimenti differenti: il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST), il Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica (DISEG), il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT) e il Dipartimento di Scienze Matematiche “Giuseppe Luigi Lagrange” (DISMA).
Testo redatto su fonte Politecnico di Torino del 17 settembre 2018
Per approfondimenti su 3RC: www.r3c.polito.it,
Image credit: Stockholm Resilience Centre/SCBD/Stockholm University/Globaïa
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GESTIONE DELLE RISORSE
Realizzata la più completa e moderna mappa geologico-strutturale in 3D della Pianura Padana: servirà per le attività di pianificazione e gestione del territorio e delle risorse
26.04.2015
Testo dell’articolo
A partire dal modello geologico 3D sono state realizzate 15 mappe della Pianura Padana che descrivono, attraverso curve di livello, l’andamento in profondità dei corpi geologici e la loro estensione areale; sono state, inoltre, mappate più di 130 faglie tra cui le strutture responsabili del terremoto del 2012. Questa mappatura geologico-strutturale rappresenta la base di conoscenza fondamentale che ha supportato la successiva elaborazione di mappe tematiche relative alle caratteristiche geotermiche (elaborate dalla Regione Emilia Romagna) del sottosuolo padano nonché mappe relative alla caratterizzazione delle faglie attive o che possono generare terremoti di magnitudo elevata (in collaborazione con INGV). Uno strumento prezioso per conoscere in modo approfondito un territorio ampio e sensibile, quello della Pianura Padana, per la presenza di attività industriali, di sfruttamento delle risorse del sottosuolo e per il possibile verificarsi di fenomeni naturali anche dannosi per il territorio. Una nuova e moderna generazione di mappe geologico-strutturali in grado di descrivere il sottosuolo in modo completo e per tale motivo utilizzabili da pubbliche amministrazioni ed enti locali come base di conoscenza per le attività di pianificazione e gestione del territorio e delle risorse.
Il Progetto è stato un esempio efficace di collaborazione sia a livello europeo, attraverso la definizione di procedure comuni, sia a livello nazionale, dove i Servizi geologici, nazionale e regionali, hanno collaborato nelle attività mettendo a sistema le diverse competenze tecniche, le conoscenze scientifiche e i dati disponibili, interagendo con ENI, enti di ricerca e amministratori locali. Le Regioni Regione Emilia Romagna e Lombardia hanno fornito una rilevante conoscenza di base del loro sottosuolo, grazie a studi compiuti in passato per la realizzazione della Carta Geologica d’Italia e per la valutazione delle riserve idriche sotterranee e ad ulteriori studi di tipo stratigrafico condotti per le specifiche finalità del Progetto da CNR – IGAG. ISPRA ha messo a disposizione la banca dati dei sondaggi profondi, l’esperienza nel campo dell’analisi dei dati gravimetrici e ha elaborato interamente il modello geologico tridimensionale dell’area pilota italiana.
Testo redatto su fonte ISPRA del 23 aprile 2015
Per approfondimenti sul Progetto GeoMol: www.geomol.eu
Image credit: GeoMol/ISPRA
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SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Nasce a Bari il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale per la gestione, la tutela e lo sviluppo ambientale sostenibile delle zone costiere e portuali del Sud-Est Europa
26.12.2014
Testo dell’articolo
Il progetto TEN ECOPORT, coordinato dal Politecnico di Bari (lead partners), superando i limiti operativi delle autorità portuali del Sud Est Europa in ambito di Gestione ambientale, si è posto come prima condizione il coinvolgimento degli Stakeholders e di tutti gli Operatori portuali che possono contribuire a una amministrazione sostenibile delle attività a dei servizi dei Porti. Un primo risultato di progetto è stato la formazione di 10 Gruppi di lavoro, uno per ogni porto coinvolto (12), ognuno composto da rappresentanti sia delle Autorità portuali, sia degli Istituti di Ricerca, che di Enti Istituzionali e di Operatori Portuali. Questi gruppi hanno lavorato insieme durante tutto il periodo di progetto per riuscire a trovare e realizzare azioni e processi per una migliorata gestione ambientale dei Porti. Si è passati così dalla fase di studio e conoscenza delle problematiche ambientali dei singoli porti e relativa costruzione di una Ecomapping a quella progettuale per la soluzione delle priorità riscontrate. Al centro dei principali risultati di progetto infatti, c’è stata la realizzazione degli Action Plan specifici per ogni porto e focalizzati su: “Qualità delle acque” nei porti di Brindisi (Italia) e Igoumenitza (Grecia); “Inquinamento dell’aria” nei porti di Brindisi (Italia), Igoumenitza (Grecia), Bar (Montenegro), e Dubrovnik (Croatia); “Gestione dei rifiuti e consumi” nei porti di Patrasso (Grecia), Bourgas e Varna (Bulgaria), Costanza (Romania), Bari (Italia) e Durazzo (Albania).
In particolare, questi ultimi due porti, porti pilota nel progetto, hanno stabilito un Piano d’Azione Comune fra Italia e Albania, col fine di monitorare la gestione dei rifiuti non solo nei rispettivi porti di competenza ma lungo tutta la tratta. Bari e Durazzo hanno cominciato così a implementare non solo comuni procedure ma anche un software per il controllo dei rifiuti che consente di individuare precisamente eventuali scarichi in mare. In tutti gli Action Plan sono state stabilite non solo le azioni operative da mettere in atto rispetto ai principali aspetti ambientali, ma anche le tempistiche, le responsabilità e i compiti di tutti gli attori coinvolti. Sono stati così effettuati 8 Studi di Fattibilità, ognuno su un sistema di gestione ambientale per migliorare le prestazioni relative alle specifiche attività dell’operatore portuale scelto.
Tutti i passaggi procedurali e le azioni studiate, implementati e verificati nell’ambito del progetto sono state formalizzate nell’ultimo più importante risultato di TEN ECOPORT: un Modello Comune (Common Model), per lo sviluppo e la gestione sostenibili dei porti marittimi della rete dei porti aderenti al progetto europeo dell’area Sud-Est. Il Common Model è costruito come risultato finale dei due progetti, ECOPORT 8 e TEN ECOPORT, e in pratica generalizza e riassume i risultati complessivi di entrambi i progetti portati avanti da una stessa partnership.
In questa direzione condivisa e a conclusione di progetto, Autorità portuali, università, istituti di ricerca, si impegnano a firmare un protocollo di intesa per promuovere la creazione di un Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale, la TASK FORCE TEN ECOPORT, al fine di contribuire allo sviluppo ambientale sostenibile delle zone costiere e portuali, fornendo strumenti utili e politiche a sostegno dell’innovazione efficiente e la sostenibilità ambientale della rete di trasporti marittimi transeuropea.
La costituzione del Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale, Task Force TEN ECOPORT, permetterà di poter agire come consulente indipendente delle organizzazioni dell’Unione Europea, le autorità portuali, le amministrazioni pubbliche, le imprese, le autorità comunali e tutti gli stakeholder nel campo della protezione ambientale e della gestione delle zone costiere e portuali e fornirà alle istituzioni competenti strumenti utili e politiche d’innovazione efficiente per la sostenibilità ambientale del corridoi della rete transeuropea.
I partners che hanno partecipato al progetto TEN ECOPORT sono:
ITALIA. Politecnico di Bari (coordinatore, responsabile scientifico), Autorità Portuale di Brindisi, Autorità Portuale del Levante, Universus Csei – Consorzio di formazione e innovazione universitaria.
GRECIA. Istituto di Educazione Tecnologica dell’ Epiro, Autorità Portuale di Igoumenitsa, Autorità Portuale di Patrasso.
BULGARIA. Istituto Nazionale di Meteorologia e Idrologia, Accademia Bulgara delle Scienze, Compagnia Bulgara delle Infrastrutture Portuali.
ROMANIA. Istituto Nazionale di Geologia e GeoEcologia Marina, Autorità Navale della Romania.
MONTENEGRO. Istituto di Biologia Marina, Università del Montenegro, Porto di Bar Holding Company.
CROAZIA. Autorità portuale di Dubrovnik.
ALBANIA. Politecnico di Tirana, Autorità Portuale di Durazzo.
Testo redatto su fonte Politecnico di Bari del 15 dicembre 2014
Per approfondimenti: www.tenecoport.eu – www.southeast-europe.net
Image credit: TEN ECOPORT
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SOSTENIBILITÀ ALIMENTARE
Uno studio italo-americano mostra che la coltivazione delle terre coinvolte nel fenomeno del “land grabbing” potrebbe contribuire a sfamare almeno 300 milioni di persone
28.06.2014
Testo dell’articolo
L’acquisto su vasta scala di terreni da parte di società e governi nazionali o esteri comunemente noto con il termine di “land grabbing” – è una pratica controversa, soprattutto in Africa dove moltissime acquisizioni sono avvenute in regioni con problemi di sicurezza alimentare e di malnutrizione. C’è chi sostiene che tali investimenti in agricoltura miglioreranno significativamente le rese colturali, genereranno nuovi posti di lavoro e porteranno nuove conoscenze e infrastrutture in aree spesso deprivate. Altri puntano l’accento sul fatto che i prodotti coltivati vengono spesso esportati dagli investitori in altri paesi, obiettando che queste acquisizioni potrebbero sottrarre alle popolazioni locali il controllo sui terreni, l’acqua e le risorse naturali, lasciandole in una condizione persino peggiore di quella attuale.
Lo studio italo-americano svolto dai ricercatori del Politecnico di Milano e dell’Università della Virginia ha quantificato la massima quantità di cibo che può essere prodotta da colture coltivate nelle terre oggetto di acquisizione e il numero di persone che queste potrebbero sfamare. Tali risultati sono stati confrontati con la produzione agricola ottenibile con le pratiche colturali attuali e con il numero di persone nutribili con tali raccolti. Per conseguire i loro risultati, i ricercatori hanno utilizzato un database alla scala globale contenente le acquisizioni di terreni con una superficie superiore a 200 ettari, avvenute dal 2000 in avanti. Ogni acquisizione di terreno era corredata di informazioni relative alla superficie del terreno e alla coltivazione dominante, oltre che di indicazioni circa la tipologia dell’accordo: contratto firmato o verbale, oppure semplice intesa successiva a una manifestazione di interesse.
I ricercatori hanno calcolato, per ciascuna acquisizione di terra, il massimo rendimento potenziale della coltura/e coltivata e poi utilizzato le calorie dell’alimento per determinare il numero di persone che tale raccolto potrebbe nutrire. Secondo i calcoli dei ricercatori, se tutti i terreni acquisiti venissero coltivati al massimo del loro potenziale di resa colturale, la produzione di riso, mais, canna da zucchero e palma da olio aumenterebbe rispettivamente del 308%, 280%, 148% e 130%. Tenendo in considerazione le proporzioni delle coltivazioni che potrebbero essere utilizzate per la produzione alimentare, oltre che del fabbisogno necessario per una “dieta bilanciata”, i risultati hanno dimostrato che le colture prodotte su terreni acquisiti potrebbero nutrire tra 300 e 550 milioni di persone, contro i 190-370 milioni di persone che risulterebbero nutrite da tali terre con le attuali tecnologie.
Sempre secondo i risultati, la classifica dei paesi più coinvolti nel fenomeno del “land grabbing” vede in testa l’Indonesia, seguita dalla Malesia, dalla Papua Nuova Guinea e dall’ex Sudan. Complessivamente questi paesi potrebbero fornire (nel caso di produzione massima) l’82% delle calorie ottenibili dalla coltivazione di tutte le terre acquisite. Studi precedenti riferivano che circa 32,9 milioni di ettari di terreni erano stati acquisiti tramite investimenti internazionali su vasta scala per varie finalità. Di questi, 22 milioni erano stati acquisiti a scopo agricolo.
Questo il commento dei ricercatori Maria Cristina Rulli del Politecnico di Milano e Paolo D’Odorico dell’Università della Virginia: “La nostra ricerca ha fornito una valutazione del quantitativo di cibo potenzialmente producibile in terreni soggetti al fenomeno delle acquisizioni di terreno su larga scala”. Di conseguenza, “Deve esserci la consapevolezza del fatto che se questi alimenti venissero utilizzati per nutrire le popolazioni locali potrebbero alleviare la malnutrizione addirittura, nel caso in cui le terre acquisite non fossero state precedentemente coltivate, anche senza investimenti finalizzati all’aumento della resa colturale. “Attualmente vi sono ancora domande aperte le cui risposte potrebbero contribuire al dibattito su tale tema e cioè: come vengono gestiti i terreni acquisiti? Ovvero, che ne è degli alimenti prodotti? Vengono esportati dagli investitori? Questi terreni venivano già utilizzati per scopi agricoli prima dell’acquisizione e, se sì, per quali coltivazioni? Con quale resa colturale? Ottenere risposte a queste domande ci permetterebbe di quantificare la diminuzione degli alimenti disponibili per le comunità locali e ci aiuterebbe a trovare strategie di gestione per ridurre le possibili conseguenze negative delle acquisizioni su vasta scala sulle comunità locali”.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 27 giugno 2014
Per approfondimenti: Food appropriation through large scale land acquisitions – Environmental Research Letters | 26.06.2014
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URBANIZZAZIONE SOSTENIBILE
L’ENEA presenta le linee di indirizzo su mobilità e ambiente abitato, coniugate sul piano della sostenibilità sanitaria, ambientale, energetica, istituzionale e sociale
17.05.2014
Testo dell’articolo
Nel primo position paper, “La sostenibilità dell’ambiente abitato”, viene sottolineato come l’urbanizzazione rappresenti una delle principali cause del cambiamento climatico globale. Il suolo edificato, infatti, copre attualmente circa il 3 % di quello disponibile in totale sulla superficie terrestre, ma con una ben più rilevante impronta ecologica. Se il consumo di suolo per lo sviluppo continua ad espandersi ad un ritmo maggiore rispetto alla crescita demografica e la densità urbana diminuisce – come sta avvenendo nei paesi occidentali – le aree urbanizzate potrebbero occupare fino al 7% della superficie disponibile terrestre nei prossimi vent’anni.
Nel secondo position paper, “Principi e linee di indirizzo per un sistema della mobilità sostenibile”, si fa riferimento ad un’idea di sostenibilità che comprende non solo gli aspetti strettamente ambientali ma anche quelli legati al benessere e alla salute dei cittadini, alla loro sicurezza, alla capacità di non escludere dalla mobilità le fasce socialmente ed economicamente deboli, al miglioramento delle efficienza economico-funzionale del sistema della mobilità. In questa accezione si può parlare di una sostenibilità complessiva e di politiche integrate per una mobilità sostenibile, come accade nella maggior parte dei Paesi socialmente ed economicamente sviluppati.
L’ISDE è nata per stimolare l’impegno dei medici nella salvaguardia dell’ambiente; in occasione di questi position paper ha sviluppato un rete scientifica di valore internazionale, che analizza i fenomeni e propone linee di azione. La dimostrazione che molti processi patologici scaturiscono da cause ambientali, quali l’accumulo di inquinanti nell’aria, nell’acqua, nel suolo e nel cibo, e l’esistenza su scala mondiale di gravi e irreversibili dissesti ambientali, hanno sollecitato una crescente attenzione del mondo medico verso questi temi, creando le premesse per una azione congiunta degli enti scientifici promotori dell’iniziativa, a cui hanno aderito anche i Ministeri dell’Ambiente, della Salute e delle Infrastrutture.
Testo redatto su fonte ENEA del 16 maggio 2014
Position papers: “La sostenibilità dell’ambiente abitato” ; “Principi e linee di indirizzo per un sistema della mobilità sostenibile”
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SOSTENIBILITÁ AMBIENTALE
EXPO 2015: per soddisfare i criteri più esigenti di sostenibilità ambientale, la progettazione e realizzazione del Sito espositivo fa riferimento alla certificazione LEED
07.04.2014
Testo dell’articolo
In particolare, per operare nel rispetto dei criteri più esigenti di sostenibilità ambientale, nella progettazione e realizzazione del Sito espositivo di Expo 2015 si fa riferimento al sistema di certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design). Riconosciuta a livello internazionale, essa costituisce una verifica di parte terza, e quindi indipendente, delle performance di un intero edificio o di parte di esso, attestando che è rispettoso dell’ambiente e che costituisce un luogo salubre in cui vivere e lavorare.
La certificazione LEED è adottata su base volontaria e certifica la progettazione, la costruzione e la gestione di edifici sostenibili e aree territoriali ad alte prestazioni e che si sta sviluppando sempre più a livello internazionale, essendo applicata in 140 Paesi con oltre 20.000 soggetti aderenti all’associazione no profit che lo promuove. Essa propone un sistema di progettazione integrata che tiene conto della riduzione dell’effetto isola di calore, dei materiali impiegati, delle nuove piantumazioni, delle infrastrutture di collegamento e dello sviluppo della mobilità sostenibile, della riduzione del consumo di acqua potabile e del recupero di quella piovana, della progettazione di edifici permanenti altamente efficienti dal punto di vista energetico e della gestione del cantiere in maniera sostenibile.
Testo redatto su fonte EXPOCANTIERE/EXPO Milano 2015
Image credit: EXPO 2015
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SVILUPPO SOSTENIBILE
La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e l’ENEA hanno presentato la seconda edizione del Rapporto sulla Green Economy 2013: “Un Green New Deal per l’Italia”
28.02.2014
Testo dell’articolo
La prima parte del Rapporto affronta il panorama internazionale, partendo da un excursus storico-economico che, dalla crisi del ’29 arriva ai giorni nostri, e fornisce un’ampia illustrazione delle proposte per un Green New Deal formulate dall’UNEP e dall’OCSE, le prospettive per l’affermazione della green economy in Europa, nonché le difficoltà e le potenzialità dell’Italia, prendendo in esame le esigenze di investimenti pubblici e privati, gli effetti sull’occupazione e le riforme indispensabili.
“Anche il Rapporto 2013, dedicato al Green New Deal – ha dichiarato Edo Ronchi Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – ha fornito analisi e studi a supporto degli Stati Generali della green economy italiana. Durante una delle recessioni forse più lunghe e difficili degli ultimi decenni, investire per innovare, differenziare e convertire prodotti e processi produttivi in chiave sempre più green potrebbe essere una strada per rilanciare il nostro sviluppo. Un forte impulso in questa direzione può venire da concrete iniziative che possono partire, o essere rafforzate, dalle nostre città ”
La seconda parte del Rapporto, focalizzandosi sulla realtà italiana, analizza proprio il nuovo ruolo che le città possono avere come volano per uno sviluppo sostenibile. In Italia il 68% della popolazione vive in un ambiente urbano, dove si produce in media il 75% dei rifiuti, e le abitazioni consumano dal 30 e al 60% in più di energia rispetto alla media UE.
Tale concentrazione abitativa accresce i problemi ambientali, come l’inarrestabile cementificazione con insediamenti distribuiti in maniera frammentata e disordinata sul territorio, e che continua ad occupare aree libere, spesso agricole, al ritmo di 343 m2 all’anno per ciascun italiano.
Un Green New Deal che parte dalle città può costituire un quadro di riferimento unitario per interventi coordinati ed integrati a livello sociale, ambientale ed economico. I settori principali per tale approccio, trattati nel Rapporto sono la riqualificazione energetica delle città, le misure di mitigazione climatica, la riduzione del consumo di materiali ed il miglioramento della gestione dei rifiuti, la mobilità urbana, i rapporti tra l’ambiente urbano e quello agricolo, il patrimonio culturale, la gestione sostenibile della risorsa idrica, la riqualificazione delle aree degradate e l’impiego di tecniche e tecnologie tipiche dell’ICT.
Testo redatto su fonti Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ed ENEA del 27 febbraio 2014
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SOSTENIBILITÁ AMBIENTALE
SLOPE, un progetto europeo per ottimizzare, mediante l’integrazione di tecnologie avanzate, la produzione sostenibile di legname forestale nelle zone montane
27.02.2014
Testo dell’articolo
Nel dettaglio, SLOPE mira a colmare l’attuale divario dei costi di produzione del legname ricavato tra le consuete procedure di tipo CtL (Cut-to-Length) utilizzate in pianura, nei quali gli alberi vengono segati, abbattuti, sramati, e tagliati a determinate lunghezze già nelle foreste, e quello ottenuto con le operazioni forestali eseguite nelle zone montane, meno flessibili e pertanto più costose. A fine di una pianificazione ottimale della gestione sostenibile e della logistica delle operazioni forestali, verranno utilizzate informazioni provenienti da dati spaziali da telerilevamento, mezzi UAV (Unmanned Aerial Vehicles) e sistemi di rilevamento con tecnologia TLS (Terrestrial Laser Scanner), per essere integrati in un unico modello 3D.
“Un dettagliato modello 3D della foresta, generato grazie all’integrazione di riprese aeree rilevate da satelliti e droni e immagini da terra a opera di un laser-scanner, permette agli operatori di muoversi nel bosco virtuale e stimare il valore commerciale di ogni singolo albero”, afferma Gianni Picchi, responsabile scientifico di SLOPE. “Le piante, scelte sulla base del modello, vengono quindi marcate con un’etichetta elettronica, abbattute e infine estratte utilizzando una teleferica forestale intelligente, capace di identificare il carico e lavorare in modo automatico. Operando sospesa da terra, la teleferica consentirà di non danneggiare né le piante che rimangono né il suolo, assicurando la massima sostenibilità ambientale”.
L’automatizzazione del processo continua in fase di scarico, dove un’altra macchina sfrutterà innovativi sensori per valutare pezzo per pezzo la qualità del legname, assegnando ogni tronco a una specifica classe commerciale, così da evitare molto lavoro di “assortimentazione” sia in bosco sia in segheria. La corretta gestione delle informazioni raccolte e inviate in tempo reale a un server centrale garantirà il controllo di ogni singolo elemento del processo. “In ogni momento sarà possibile conoscere quanto e che tipo di materiale si trova all’imposto, la produttività del cantiere e molti altri parametri utili a ottimizzare tutte le operazioni ma anche, per esempio, a effettuare una compravendita online del materiale”, conclude Picchi. “Inoltre, grazie alla marcatura di ogni singolo tronco, sarà possibile identificare addirittura l’albero di origine, nel segno di una corretta gestione e protezione dei nostri boschi”.
Testo redatto su fonte CNR del 26 febbraio 2014
Per approfondimenti: SLOPE Project – www.slopeproject.eu
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SOSTENIBILITÁ ALIMENTARE
Secondo l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del CNR è necessario e possibile impegnarsi per un approccio sostenibile alla pesca dei crostacei profondi
15.12.2013
Testo dell’articolo
“Questo studio ha interessato l’IAMC-CNR fin dalla sua fondazione: teniamo presente, infatti che proprio a Mazara si trova la principale flotta specializzata nella pesca profonda del Mediterraneo” spiega il ricercatore Fabio Fiorentino dell’IAMC-CNR. “Già dalla metà degli anni ’80 abbiamo rilevato una condizione di sovrasfruttamento, confermata dal progressivo spostamento delle aree di pesca a causa della riduzione dei rendimenti di gamberi profondi nelle zone più vicine al porto di Mazara. Oggi, le attività si concentrano nella zona del Canale di Sardegna e nelle acque internazionali di fronte a Egitto, Cipro, Grecia e Turchia”.
L’attenzione degli studiosi è orientata allo studio di habitat e comunità nel loro insieme, più che sulle singole specie di interesse commerciale: “Stiamo svolgendo ricerche in collaborazione con la sede dell’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) del CNR di Ancona per migliorare la selettività delle reti ed evitare così la cattura di specie non commerciali o protette”, continua il ricercatore. “Altre misure riguardano tecniche innovative di conservazione e tracciabilità del pescato, come la possibilità di evitare l’uso di additivi chimici per ridurre l’annerimento dei gamberi (melanosi), introducendo atmosfere modificate e confezionamento sottovuoto direttamente a bordo. A ciò si aggiunga la necessità di preservare, ad esempio attraverso misure di chiusura della pesca a strascico, gli “essential fish habitat”, cioè gli ambienti necessari al completo svolgimento del ciclo vitale delle specie”.
L’Unione europea e la Commissione generale della pesca del Mediterraneo hanno già proibito la pesca con attrezzi trainati a partire da 1.000 m di profondità mentre un Piano di lungo termine di gestione della pesca per i gamberi rossi e viola è stato redatto con il contributo dei progetti regionali della FAO nel Mediterraneo ‘CopeMed II’, ‘MedSudmed’ e ‘EastMed’. “Le politiche di riduzione dello sforzo di pesca portate avanti dall’UE hanno cominciato a dare i loro frutti, segno che una pesca sostenibile dei crostacei profondi è possibile” conclude Fiorentino.
Testo redatto su fonte CNR dell’11 dicembre 2013
Images credit: Olivier ROUX/Flickr
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SVILUPPO ANTROPICO
Università di Milano-Bicocca: le aree metropolitane in Italia sono 8, occupano il 9 per cento del territorio nazionale ospitando 24 milioni di abitanti
08.12.2013
Testo dell’articolo
Lo studio è stato realizzato da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca, formato da Mario Boffi e Matteo Colleoni, docenti di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio, insieme a Pietro Palvarini, assegnista di ricerca presso lo stesso Dipartimento.
L’indice di metropolitanità è la sintesi di tre indicatori: la popolazione residente, gli addetti nel settore delle attività economiche e gli spostamenti per studio o lavoro. È uno strumento utile a identificare le aree metropolitane in Italia, a descriverne i caratteri socio-territoriali e a definirne i confini e la collocazione territoriale: ne sono state individuate otto, si connotano per una forte concentrazione in termini di mobilità, si sviluppano su oltre 26 mila chilometri di superficie e comprendono 1.700 comuni e 24 milioni di abitanti.
«Nel nostro studio partiamo della definizione di area metropolitana – spiega Matteo Colleoni -, cioè un’area caratterizzata da contiguità territoriale degli insediamenti ed elevata concentrazione di funzioni e di flussi, e arriviamo a definirne le caratteristiche socio-territoriali con un livello di dettaglio mai analizzato in Italia. Abbiamo infatti utilizzato e analizzato milioni di dati provenienti da fonti come i Censimenti della popolazione e delle abitazioni e il Censimento dell’industria e dei servizi».
Dallo studio emerge che in Italia vi sono otto aree metropolitane (tre al Nord, Torino, Milano e area Veneta, tre al Centro, Firenze, Roma e Bologna e due al Sud, Napoli e Bari) che ricoprono una superficie di oltre 26 mila chilometri quadrati, pari al 9 per cento del territorio nazionale. I comuni che ricadono all’interno delle aree metropolitane sono circa 1.700 e rappresentano il 21 per cento degli 8.101 comuni italiani. La popolazione complessiva supera i 24 milioni di abitanti, pari al 43 per cento della popolazione nazionale. L’area metropolitana di Milano è la più estesa, sia per superficie (oltre 8.000 chilometri quadrati), sia per numero di comuni (858), sia per popolazione (oltre 7,5 milioni di abitanti).
Tutte le aree metropolitane analizzate presentano un’elevata concentrazione di funzioni (residenza, produzione e servizi) e di flussi (persone e merci). La densità di popolazione supera i 900 abitanti per chilometro quadrato nelle metropoli, contro un valore medio di 118 per il resto d’Italia. Allo stesso modo la densità di addetti alle attività manifatturiere e di terziario avanzato è pari a 181 per chilometro quadrato nelle aree metropolitane, rispetto a un valore di 15 al di fuori delle metropoli. Anche i servizi di leisure e quelli di pubblica utilità presentano una densità di addetti molto superiore nelle aree metropolitane (rispettivamente 46 contro 5 e 80 contro 8).
Rispetto ai flussi, la mobilità nelle aree metropolitane si caratterizza per una forte concentrazione. Al loro interno, si spostano quotidianamente oltre 5,5 milioni di persone, pari al 53 per cento del totale dei pendolari. Nelle otto aree metropolitane, i pendolari rappresentano il 23 per cento di tutta la popolazione, rispetto al 18 per cento registrato a livello nazionale. L’area milanese è quella caratterizzata dal maggior numero di pendolari (1,8 milioni), ma è a Roma e Torino che si raggiunge la quota più elevata di pendolari rispetto alla popolazione (rispettivamente 31 per cento e 27 per cento). Ciascun pendolare percorre in media 10,5 chilometri contro i 13,3 della media italiana, per un totale di quasi 59 mila chilometri all’anno, rispetto ai 140 mila effettuati nel resto del Paese.
Testo redatto su fonte Università di Milano-Bicocca del 6 dicembre 2013
Image credit: Università di Milano-Bicocca
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SVILUPPO SOSTENIBILE
Per una crescita intelligente e sostenibile l’UE promuove la Ricerca e l’Innovazione finanziando “Horizon 2020”, il nuovo Programma Quadro da 80 miliardi di euro
04.12.2013
Testo dell’articolo
“Horizon 2020” si pone l’obiettivo di affrontare direttamente le principali sfide sociali e le iniziative faro identificate nella Strategia Europa 2020, che ha individuato la ricerca e l’innovazione quali elementi centrali per perseguire gli obiettivi di una crescita sostenibile, intelligente e solidale. L’Unione ha in particolare l’obiettivo di rafforzare e sostenere le sue basi scientifiche e tecnologiche, conseguendo uno Spazio Europeo della Ricerca in cui i ricercatori, la conoscenza e la tecnologia possano circolare liberamente per produrre maggiore competitività. Nella nuova programmazione sarà data in effetti priorità a quelle aree e a quei progetti in cui la sovvenzione europea e la cooperazione offriranno un valore aggiunto.
Il nuovo programma “Horizon 2020” sarà centrato su tre obiettivi strategici (Excellent science, Industrial leadership, Societal challenges) a sostegno dell’intero spettro di attività di ricerca, sviluppo tecnologico, dimostrazione e innovazione, compresa la diffusione e l’ottimizzazione dei risultati:
EXCELLENT SCIENCE– Rafforzare l’eccellenza UE in campo scientifico a livello mondiale
Tale programma ha lo scopo di rafforzare e aumentare l’eccellenza della UE in campo scientifico e di consolidare l’Area di Ricerca Europea per rendere il sistema europeo di ricerca e innovazione maggiormente competitivo su scala globale.
INDUSTRIAL LEADERSHIP – Creare una leadership industriale, rafforzandone la competitività, sostenere l’innovazione e le industrie, comprese le PMI
Questo programma ha lo scopo di accelerare lo sviluppo tecnologico e l’innovazione alla base del business futuro e aiuterà le più innovative SME europee a trasformarsi in compagnie leader a livello mondiale. Inoltre sia le attività di accesso al credito che all’innovazione seguiranno una logica bottom-up e on-demand senza la predeterminazione delle priorità; mentre l’attività di leadership per l’avanzamento e per le tecnologie industriali seguirà un approccio guidato dalle tecnologie per uno sviluppo in aree dalle molteplici applicazioni nel settore industriale e dei servizi.
SOCIETAL CHALLENGES – Rispondere alle sfide identificate dalla strategia Europa 2020
Questo programma risponde direttamente alle priorità politiche identificate nella Strategia Europa 2020 e ha l’obiettivo di stimolare la massa critica degli sforzi di ricerca e innovazione per la realizzazione degli scopi politici della UE.
In particolare, nell’ambito degli INTERVENTI PER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E USO EFFICIENTE DELLE RISORSE (INCLUSE LE MATERIE PRIME), l’obiettivo di “Horizon 2020” è quello di aumentare la competitività europea e migliorare il benessere, assicurando nello stesso momento l’integrità ambientale, mantenendo il riscaldamento medio globale al di sotto dei 2 C° e gestire l’adattamento degli ecosistemi e della società al cambiamento climatico. Le attività proposte sono:
– lotta e adattamento al cambiamento climatico;
– gestione sostenibile delle risorse naturali e degli ecosistemi;
– garantire fornitura sostenibile di materie prime alternative;
– attivare il passaggio alla green economy attraverso l’eco-innovazione;
– sviluppare sistemi informativi e osservativi globali.
Nell’ambito della SICUREZZA ALIMENTARE, AGRICOLTURA SOSTENIBILE E BIO-ECONOMIA invece lo scopo è di assicurare rifornimenti alimentari di alta qualità e di origine biologica, attraverso sistemi di produzione produttivi ed efficienti, accelerando la conversione delle industrie europee verso la sostenibilità, basse emissioni di CO₂ e un uso efficace delle risorse. In particolare le linee di attività sono le seguenti:
– agricoltura e silvicoltura sostenibili;
– alimenti sicuri e sostenibili e diete salutari;
– sbloccare il potenziale delle risorse acquatiche viventi;
– bio-industrie sostenibili e competitive.
Per approfondimenti: ec.europa.eu/programmes/horizon2020
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SOSTENIBILITÁ URBANA
“Cities on Power”: il progetto cofinanziato dall’European Regional Development Fund (ERDF) per incrementare l’uso di fonti energetiche rinnovabili nelle aree urbane
30.10.2013
Testo dell’articolo
L’obiettivo è quello di sviluppare e convalidare i piani d’azione locali con strumenti finanziari innovativi e organizzativi per promuovere l’applicazione delle energie rinnovabili sia da parte di investitori pubblici che privati nelle quattro città partner. Il progetto esaminerà anche la fattibilità di applicazione di energie rinnovabili negli edifici pubblici selezionati e di predisporre investimenti pilota. Si sta anche progettando di fornire un set di strumenti informatici, con le mappe del potenziale di energia solare e geotermica, che permetterà ai cittadini di misurare la quantità di energia che potrebbe derivare da pannelli solari e pompe di calore installate nella loro casa .
Testo redatto su fonte estratto da: www.citiesonpower.eu
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SOSTENIBILITÁ AMBIENTALE
ISPRA: è possibile l’utilizzo della bioenergia come fonte rinnovabile sviluppando una strategia integrata per l’uso sostenibile della biomassa del territorio forestale
20.10.2013
Testo dell’articolo
Questi, in sintesi, i dati emersi oggi, nel corso della Conferenza nazionale “Quanta energia possiamo sottrarre dalle foreste senza ferirle? Il caso del Lazio”, in corso oggi a Roma presso la Regione Lazio e organizzata dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), in collaborazione con la Regione Lazio, per presentare i risultati del progetto UE Proforbiomed, finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) della Commissione Europea, all’interno del programma MED “Improving of the energy efficiency and promotion of renewable energy sources”, a cui ISPRA partecipa come partner.
Le foreste sono alla base della ricchezza di biodiversità del nostro Paese (ricettacolo di quasi metà del numero di specie animali e vegetali dell’intera UE) e da millenni questa ricchezza di geni, di specie e di habitat offre alle comunità che hanno abitato e abitano la penisola e le isole, una serie di beni e servizi – ora conosciuti con l’espressione ‘servizi ecosistemici’ – che comprendono il contenimento dell’erosione, delle piene e delle frane, l’infiltrazione delle acque e la funzione di ritenzione, la regolazione del clima locale, la mitigazione dei cambiamenti climatici, ma anche la tutela di valori spirituali, storici, didattico-scientifici, ricreativi e turistici e, non ultimo, la fornitura di prodotti legnosi (per l’industria e per fini energetici) e non legnosi (funghi, frutti di bosco, resine, aromi e medicinali.
L’Italia è il Paese UE con il minor rapporto tra legna prelevata e legna prodotta. Uno studio dell’ISPRA, svolto nell’ambito del progetto UE ‘Proforbiomed’, stima che dalle foreste nazionali (dal taglio di legna dei boschi cedui, dalla raccolta dei residui della cura e dei tagli delle fustaie, dal taglio di legna e dai filari), si possono ottenere 3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP) l’anno, senza ferire le foreste e mantenendo le necessarie misura di salvaguardia e protezione della biodiversità. Questa quantità è pari all’1,6% circa dei consumi energetici nazionali (che nel 2012 si sono attestati intorno a 178 milioni di TEP equivalenti, in lieve calo rispetto al 2011 per effetto della crisi economica). Le foreste del Lazio possono produrre quasi 220.000 TEP, l’1,8% del consumo regionale di energia. Lo studio ISPRA ha stimato anche che nel Lazio siano stati realizzati appena 80 ettari di piantagioni forestali di robinia, eucalipti e salici, con tagli periodici a turno breve (pochi anni), per produrre legna per energia. In linea teorica, nel Lazio sarebbero potenzialmente disponibili circa 640.000 ettari di aree agricole e pascoli abbandonati e degradati utilizzabili per questo genere di piantagioni. Nell’ipotesi concreta – sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico – di realizzare, 10.000 ettari di nuove colture forestali a ciclo breve, si potrebbero produrre 85.000 tonnellate di legna, in grado di alimentare 4 centrali da 1 MW.
La legna di provenienza forestale rappresenta una quota significativa del totale della bioenergia. Per bioenergia si intende l’energia derivante da diverse forme di biomassa: legna prelevata dai boschi, residui delle potatura di frutteti e colture erbacee, residui dell’industria del legno e dell’agro-industria. La bioenergia in Italia contribuisce per 5,2 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti al consumo interno lordo, una quantità che corrisponde a poco meno del 3% del totale. La bioenergia rimane tuttora una delle principali forme di energia rinnovabile. C’è da dire anche che le statistiche ufficiali sottostimano il contributo reale della bioenergia, perché ci sono molte tipologie di uso (dai consumi di legna da ardere nelle abitazioni agli impieghi di residui di lavorazione del legno nei processi industriali) di difficile registrazione statistica.
Proforbiomed intende promuovere l’uso della biomassa come fonte rinnovabili di energia, attraverso lo sviluppo di una strategia integrata di uso sostenibile della biomassa forestale nell’area mediterranea. Elementi chiave di questa strategia sono il recupero e la valorizzazione del potenziale di biomassa forestale inutilizzato e il coinvolgimento degli attori in qualche modo coinvolti nell’intera filiera, che va dalla gestione forestale all’uso finale dell’energia. Nell’ambito del consorzio, a cui partecipano 18 istituzioni, l’ISPRA svolge azioni riguardanti il monitoraggio degli impatti che l’utilizzo delle biomasse forestali e delle piantagioni legno energia possono arrecare alle biocenosi naturali.
Lo studio ISPRA suggerisce di perseguire lo sviluppo di filiere corte, integrate e su piccola scala, per la produzione e l’impiego di biomasse, poiché ciò potrebbe avere ricadute migliori sul piano della sostenibilità economica, ecologica e sul controllo sociale delle fonti energetiche e una riduzione dei costi ambientali legati al trasporto del combustibile biomassa legnosa.
Testo redatto su fonte ISPRA del 18 ottobre 2013
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MATERIALI ECOCOMPATIBILI
CNR, progetto “Thermovacuum”: una nuova generazione di legno termicamente modificato di elevata resistenza, ottima durabilità e a basso impatto ambientale
12.07.2013
Testo dell’articolo
“Il Termovuoto combina un processo di essiccazione sottovuoto ad alta efficienza energetica e un trattamento termico, con l’obiettivo di offrire un prodotto ecologico, a basso impatto ambientale, conveniente e di alta qualità”, spiega Ottaviano Allegretti, responsabile del laboratorio Labess di CNR-IVALSA e della parte scientifica del progetto. “Grazie a questa tecnologia è possibile fornire a specie legnose come l’abete rosso, dominante in Trentino e nell’arco alpino, caratteristiche tipiche dei legni tropicali che vengono anche per questo importati, quali una spiccata piacevolezza estetica e particolari doti di durabilità non presenti nel legno naturale, che lo rendono particolarmente idoneo all’utilizzo in esterno, per esempio in infissi, facciate, arredi esterni e guardrail. Il legno garantisce così una forte competitività non solo rispetto a quello non trattato ma anche ad altri materiali, plastica fra tutti”.
Il metodo sviluppato da IVALSA è attualmente coperto da tre brevetti e “grazie anche alla riduzione dell’impatto ambientale ed economico del trasporto su lunghe distanze e allo sfruttamento eccessivo delle foreste tropicali, permette di ottenere effetti positivi sul piano ambientale ed energetico”, prosegue il ricercatore, “come confermano i risultati pubblicati recentemente sulla rivista internazionale ‘Bio Resources’”.
Il nuovo processo è frutto di cinque anni di attività di ricerca del CNR-IVALSA di San Michele all’Adige, finanziato da alcune imprese private, dalla Provincia autonoma di Trento e dallo stesso CNR. Il progetto è stato presentato nell’ambito della chiamata europea Eco-Innovation da un pool di aziende italiane e francesi insieme col Consorzio servizi legno sughero e la Uppsala University svedese ed è stato valutato dalla Commissione Europea così favorevolmente da ricevere un importo totale di 1,8 milioni di euro, il più alto finanziamento mai approvato per questo tipo di progetto, proprio perché considerato “strategico per l’alto contributo che esso può rendere all’ambiente e al sistema economico e occupazionale in Italia e Europa”, conclude Allegretti. “La ricerca ora si concentra sulla certificazione del materiale rispetto al suo ciclo di vita, dal bosco fino allo smaltimento, e sulle analisi delle sostanze organiche volatili (Voc) necessarie per l’applicazione nel settore dell’arredamento di interni. Con l’obiettivo di portare gli investimenti fatti e il patrimonio di conoscenze e tecnologie acquisite a ricadute reali nel sistema legno italiano”.
Testo redatto su fonte CNR-IVALSA del 21 giugno 2013
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